Sembra che il 6 maggio prossimo, la FCA annuncerà1 che il gruppo si divide ancora, per dare vita alla Nuova Alfa Romeo che, come Maserati e Ferrari non faranno più parte direttamente della Fiat Crhysler Automobiles, ma saranno SpA interamente possedute da questa ma con sede legale e stabilimenti in Italia, dando seguito a quanto detto da Marchionne a gennaio scorso2.
Il fatto che adesso ci sia Wester in tutte e tre parrebbe una conferma indiretta.
Potrebbe essere una buona notizia, ma per chi?
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Un po’ di storia
L’A.l.f.a. nacque nel 1910 come Anonima Lombarda Fabbrica Automobili, ma dal 1906 come Darraq con sede legale Napoli, e visse male facendo macchine brutte (anche per allora) finché non finì nella mani di Nicola Romeo, napoletano anche lui.
Costui, secondo un’usanza non molto in voga nell’ambito dell’industria (oggi poi non ne parliamo), invece che cancellare le insegne della provincia annessa lasciò tutto com’era, compresi “Milano”, croce meneghina, nodi sabaudi e biscione (serpente visconteo), aggiungendo solo Romeo nel logo.
Sotto Nicola Romeo, e con una buona mano da parte del fascismo che la usò per suoi scopi propagandistici, l’Alfa divenne un mito. Intendiamoci, il materiale per un mito c’era tutto.
Dopo l’ingegner Romeo, dopo Benito e dopo la guerra, l’Alfa Romeo divenne roba nostra, ovvero dell’IRI, quindi dello Stato.
Attraverso Luraghi, che non si volle rassegnare a tirare avanti una corazzata sparatappi (un po’ come Mattei con l’Eni), e grazie a Ugo Gobbato che gliela consegnò ancora viva anche se moribonda (non direttamente, Gobbato fu assassinato da sedicenti antifascisti, ma la mantenne in vita con un vero doppio gioco con i tedeschi, che ebbero accesso ai macchinari ed alle strutture ma mai alla progettazione, una storia che vale la pena leggere) l’Alfa fece la 1900 coi soldi del Piano Marshall, e portò al debutto il famoso bialbero.
Poi rivoluzionò la motorizzazione di massa con la Giulietta (1956), la Giulia e l’Alfetta e sue derivate.
Ecco, per quelli della mia generazione le Alfa, erano quelle: Giulia, Alfetta e derivate.
E Alfasud.
Quelli della mia generazione sognavano l’Alfetta ma compravano Alfasud.
L’Alfasud fu la tipica occasione sprecata italiana; poteva essere la vera rinascita del sud industriale, ma finì per essere piegata ai peggiori luoghi comuni.
Però chi girava in Alfasud, girava in Alfa Romeo, e si sentiva, ed era, un Alfista.
Finì che lo Stato, per tramite dell’IRI, regalò l’Alfa Romeo alla Fiat, che prese marchio e brevetti (non ultimo il Common Rail, che fu il primo ad essere cartolarizzato verso Bosch12) e iniziò la dismissione.
Costanti e variabili
La costante dell’Alfa fino a quel momento fu una sola: non ha mai generato utili.
Perdite, ristrutturazioni, piani industriali lacrime e sangue, rilanci, macchine meravigliose quante ne volete, ma utili manco a parlarne.
Variabile fu invece l’approccio verso l’Alfa: appena presa la Fiat ebbe l’ardire di mettere quel marchio sulla Tempra; poi non soddisfatta fece la 145 con la Tipo, poi la Duna Super e la chiamò 146. Poi si pentirono ed allargarono le carreggiate della 155 facendo la Duna Quadrifoglio.
Poi ci fu la 1643, prima ancora di salvezza.
Casualmente, ancora, presero Walter De Silva4.
E sebbene costui fingesse di assecondare un piano industriale che non c’era, in realtà partecipò al gruppo carbonaro che diede vita (e quando si seppe che non stavano facendo altro fu troppo tardi per pararli) al pianale 147/156, che oltre a portare due delle Alfa più belle di sempre, fu anche foriero di evoluzioni della specie come Sportwagon e GT fino a Crosswagon.
166 permettendo (la prima serie era davvero molto brutta, la seconda era vecchia) quel pianale e quelle carrozzerie salvarono ancora una volta l’Alfa Romeo dalla fine.
E così come per Luraghi, l’arrivo di risultati e prodotti ne decretò la fine, il successo di vendite, critica e pubblico di 147 e 156, decretò la cacciata di De Silva.
Intanto fu Alfa-Lancia Industriale S.p.A, poi confluita in Fiat Auto S.p.A.
Un po’ perché Lancia moriva di lenta agonia, mentre Alfa pareva sopravvivere a qualunque tortura, un po’ perché come detto un piano industriale non c’era.
L’unica fu cambiare ragione sociale di tanto in tanto, e nel frattempo licenziare. Chiuso Arese, Chiuse le linee produttive di Pomigliano e Pratola Serra, provarono perfino ad assemblare alcune 156 in Thailandia.
Poi venne Opel, ovvero GM, che doveva comprare tutto e pace.
Vennero le Alfa 1595,6, che da ferme erano una cosa quasi pornografica, ma dinamicamente erano delle Opel a tutti gli effetti: lente, pesanti e con degli splendidi motori Holden fatti in Australia. Su un progetto del genere pensarono bene di fare un coupé, e nacque la Brera.
Questa aveva tutti i difetti della 159, eppure non fu capita.
La Spider, sullo stesso telaio accorciato, mandò fallita Pininfarina.
Poi arrivò Marchionne.
Costui disse che nel 2015 l’Alfa avrebbe venduto 600.000 auto l’anno.
nel 2013 è scesa a 64.000, con Giulietta e MiTo.
Ah, già MiTo, la Punto tra Mi e To in omaggio ad Arese ed al Lingotto.
Chiuse entrambe.
Bentornata Alfasud
La Giulietta7 anno 2010 fu l’Alfasud del III millennio.
Costruita al sud (Cassino) insieme alla Bravo ed alla Delta, ma su un telaio diverso da queste, doveva fare, sempre secondo Sergio, 100.000 pezzi l’anno.
Ne fece 100.000 i primi quindici mesi, poi dimezzò, poi dimezzò ancora.
In compenso ha fatto da laboratorio viaggiante per mezza flotta USA di Chrysler, ed oggi esce la Chrerokee, dopo la Dart e la C200.
Chi guida una Giulietta oggi, si sente Alfista, e guarda quelli con la 8C su TopGear e riconosce il marchio, ma guarda anche quelli con la 156 come fossero pezzenti.
Il problema è che mentre chi guidava Alfasud, guardava gli altri con l’Alfetta, chi ha la Giulietta oggi guarda gli altri con la Giulietta.
E non ci si vuole tanto bene nemmeno tra di noi, si finisce per contare il numero di scarichi per distinguerle.
Che succede il 6 maggio prossimo?
Il 6 maggio sembra che FCA annuncerà il centomillesimo piano industriale rivoluzionario e definitivo per l’Alfa Romeo.
Potrebbe accadere, probabilmente accadrà.
Questo, però, a differenza di tutti i piani industriali fuffa precedenti, potrebbe perfino essere realizzato.
L’idea è, infatti, ragione sociale a parte, quella di rendere Alfa Romeo un marchio premium, per andare a prendere il mercato di BMW classe 3 e 5, Audi 4 e 6 e Mercedes C.
E potrebbe funzionare, tra grosse berline e SUV, altroché.
Solo che noi non avremmo più l’Alfasud8,10.
Guarda tu che non riescano a farmi finire sul culo gli Alfisti.
Oppure preparano la vendita.
Quindi potrebbe andare bene per loro, e male per quelli come me, oppure male per tutti.
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- Fiat verso lo scorporo di Alfa Romeo. Il 6 maggio Marchionne svela il piano – Repubblica.it
- eDue – Alfa Romeo Group
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- eDue – Detailing su Alfa Romeo 156 SportWagon
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- Corretto su segnalazione di italian car nei commenti